DOCUFORUM #5 PASTA NERA di ALESSANDRO PIVA

MARTEDI 17 APRILE 2012
h. 21
DOCUFORUM #5
PASTA NERA 
di ALESSANDRO PIVA
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Questo è un Paese che ogni tanto ha bisogno di ricordarsi che ha fatto delle cose bellissime. Perché noi ci diciamo tutto quello che di male facciamo, ma ci diciamo poco di quello che di buono facciamo.”
Luciana Viviani, organizzatrice
Il tema dell'infanzia ricorre anche nella quinta e ultima serata di Docuform#0. In Pasta nera sono infatti i bambini ad essere protagonisti, nel racconto per immagini di una vicenda straordinaria ma davvero poco conosciuta della nostra storia recente. Il dopoguerra che le fa da sfondo chiude poi “simbolicamente” il cerchio del nostro ciclo di proiezioni, ricongiungendosi idealmente con l'orizzonte temporale in cui si collocano i documentari di Cecilia Mangini e Pier Paolo Pasolini, che hanno aperto questa playlist numero zero.

Diversi anni fa stavo girando uno speciale per La storia siamo noi a San Severo. Con i curatori del programma avevo concordato un tema sul quale lavoravo già da tempo: le rivolte bracciantili del secondo dopoguerra nelle Puglie. Una delle persone intervistate era Severino Cannelonga, figlio di Carmine, un noto bracciante sindacalista coinvolto nella rivolta del 23 marzo 1950 a San Severo. Terminata la registrazione, Severino mi disse che avrei dovuto ascoltare una sua esperienza di bambino.”
Alessandro Piva
Il 23 marzo 1950, a San Severo (Foggia), centinaia di braccianti esasperati dalla miseria scesero in piazza per protestare contro le basse paghe e la concentrazione del latifondo nelle mani di una piccola oligarchia di famiglie. La rivolta fu duramente repressa, tanto che finì con un morto e 184 arresti. Su questa vicenda si innesta la riscoperta casuale di un vero e proprio fenomeno allargato, quasi contemporaneo ma di segno opposto, impastato di incredibile e spontanea solidarietà. Simbolo di quegli anni di affamata disperazione – soprattutto del sud Italia – era l'umile pasta nera, ottenuta mescolando biada e crusca di grano arso e spigolato nelle ristoppie.

La prima notte che Franco ha dormito da noi, non riusciva a dormire, si agitava. Io gli ho chiesto 'Franco, cos’hai?' e lui 'Non ho sonno'. Il giorno dopo si guardava intorno sospettoso. 'Che cosa cerchi?' e lui 'Niente, niente'. Solo a pranzo, quando mangiò per la prima volta le tagliatelle, si rilassò e disse 'Ci avevano detto che qui c’erano i comunisti affamati che mangiavano i bambini.”
Giovanni Berardi, 7 anni nel 1945

Era il 1946 e trentasei erano le ore di treno necessarie per raggiungere Milano da Roma. La Seconda guerra mondiale, da poco terminata, aveva lasciato devastanti strascichi di povertà, di cui soffrivano soprattutto i bambini. Spontaneamente, un gruppo di donne dell'UDI (l'organizzazione femminile del PCI) organizzò una piccola – ma epica per il tempo – migrazione, grazie alla quale molti bimbi meridionali furono accolti in alcune delle regioni meno affamate, in particolare l'Emilia Romagna e le Marche. Questa non è, però, una storia “di partito”: se inizialmente il PCI avrebbe voluto imporre di coinvolgere solo i figli dei suoi iscritti, le donne dell'UDI si rifiutarono, facendo in modo che tutti i piccoli denutriti potessero essere aiutati senza distinzioni.

Arrivavano come scheletrini, e se ne andavano tutti belli bianchi e rossi”
Miriam Mafai, organizzatrice

Fu così che tra il 1947 e il 1956 più di 70.000 bambini attraversarono l'Italia in treno, suddivisi in gruppi di cento per carrozza, ciascuno con un cartoncino con il suo nome appeso al collo. Al loro arrivo, spesso la banda del paese accompagnava – in stazione – un gran numero di famiglie, già numerose, ma spontaneamente pronte ad accoglierli. Tra reciproche paure derivate dalla superstizione, presto scalzate, e dialetti diversi che dovevano in qualche modo comunicare, si formò così un vero e proprio movimento nazionale in grado di costruire là dove lo stato mancava.

Le cose che raccontavano questi bambini erano come una lezione di geografia per le famiglie; è stato un rapporto che ha dato, ma ha anche molto ricevuto, dal punto di vista sentimentale come da quello culturale: da dove vieni, cosa fa tuo padre, come vivete, come passate le giornate, che tipo di divertimenti vi potete permettere… Erano due mondi diversi che si incontravano. E quando due mondi si incontrano, crescono tutti e due.”
Aude Pacchioni
Organizzatrice - Emilia Romagna

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